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Primavera :addobbi per aula

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finestra

La nostra finestra primaverile è rallegrata da farfalle,da fiori,da un uccellino e da un  pulcino che gioca  sull’ altalena

Ad accoglierci la mattina invece, ci sono due coniglietti che giocano sul prato( schema qui) con un bianco cigno,ricavato dal  riciclo di un piatto di plastica, e con allegre farfalle colorate.
conigli

cignofarfallina rossafarfalle

Una vivacissima ghirlanda ci augura il benvenuto e ci annuncia che la primavera è vicina e l’aula………

ghirlanda ghirlanda 2

(Schema  farfalle e fiori )

 è invasa da fiori di colori diversi

 

fiore aula 2

ghirlanda per aula

addobbo

Come si realizzano i fiorellini?

fisarmonica

 

Con un cartoncino grande come un foglio A4 ,realizziamo la classica fisarmonica che da piccole facevamo per avere un ventaglietto

piegare a metà 

Pieghiamo a metà e uniamo i due lati

tagliare

Tagliamo come nella figura

unire le estremità

 

Uniamo le estremità con la colla o con la pinzatrice(più veloce) ed ecco che il fiore è pronto

 

fiori per addobbi

 

 


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Biglietti per Pasqua

Disegni da colorare

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Disegni per la primavera e per Pasqua
Il conigio che augura buona Pasquail pulcino

 

 

il coniglio nel pratocestino con uova

 

colombe e uova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aiuta l’ uccellino a colorare e a trovare l’ uovo più grande e il coniglio ad arrivare al suo uovo

Schede didattiche: percepiamo dimensioni e colori
Uccellino che colorale uova
percorso coniglio

Descrivi..


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Leggende di Pasqua

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La leggenda delle campane di Pasqua

Riccardo e Silvia erano ospiti dalla nonna Maria per le vacanze di Pasqua.
Stavano ascoltando con attenzione la nonna che raccontava loro una storia.
“ Tutte le campane del mondo sono andate a Roma a trovare le loro sorelle che sono a San Pietro.”
“ Ma sei sicura, nonna?” fece Riccardo dubbioso.
“Chi le ha portate?” s’incuriosì Silvia.
“Sono andate da sole!”.
“Ma non è possibile!” esclamò Riccardo.
“Eppure da ieri non si sono più sentite suonare” disse la nonna. Riccardo l’interruppe:
“Lo so, tacciono perché è morto Gesù, ma quando Gesù risorgerà, suoneranno il Gloria”.
“Verissimo, rispose la nonna, ma si racconta che la notte del venerdì, quando la gente dorme, le campane di tutte le chiese, zitte zitte, volino a trovare le campane di Roma.
La notte del sabato santo ritornano alle loro chiese, volando assieme alle colombe pasquali, e nel loro passaggio depositano uova e dolci per i bambini”.
I due nipotini ascoltavano attenti, ma un po’ increduli.
“Che fanno le colombe?” chiese Silvia.
“Volano col rametto d’ulivo nel becco, in segno di pace”:
“Davvero le campane lasciano uova e dolci per i bambini?” domandò Riccardo, interessato.
“Si, ma soltanto per i bambini che credono a questa storia” concluse nonna Maria.
Poco dopo i due fratelli, rimasti soli, si misero a discutere.
“Ma le campane non possono volare, non hanno le lai! E poi, come fanno a portare dolci ai bambini se non hanno le mani? Sicuramente è una favola!” esclamò Riccardo.
“Perché la nonna la racconta come una storia vera?” chiese Silvia.
“Forse lei ci crederà” disse Riccardo.
“Allora aspetterà i dolci dalle campane e ci resterà male non trovandoli…” concluse Silvia.
I bambini pensarono al da farsi, poi ebbero un’idea e per tutto il pomeriggio del sabato furono occupatissimi:
Silvia in cucina, con la zia, e Riccardo a gironzolare attorno alla colombaia trascinandosi dietro la scala.
La nonna, si accorse di tutto quel traffico, ma fece finta di niente.
La domenica, alla fine del pranzo, arrivò la zia reggendo su un vassoio una grossa campana di pastafrolla, legata con nastrini colorati.
I due bambini si strizzarono l’occhio, aspettando con impazienza il resto della sorpresa.
Quando la campana fu sollevata, uscì una piccola colomba spaurita che lasciò cadere a terra un ramoscello d’ulivo.
Svelto, Riccardo lo raccolse e lo porse alla nonna:
“Tieni, nonna, è per te!”
La nonna sorrise commossa; non poteva parlare perché la voce le temeva un po’.

Fonte

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La leggenda del pettirosso

Mamma uccello, così come faceva ogni giorno, lasciò nel nido i suoi piccoli per andare a procurar loro il cibo. Mentre era in volo, vide sulla cima di un monte tre croci e tanta gente. Curiosa, si avvicinò e sulla croce centrale vide inchiodato un uomo con una corona di spine in testa: era Gesù. Fu presa da una grande tristezza nel vedere tanta cattiveria e cercò il modo di alleviare una sofferenza così grande. Si posò allora vicino alla testa di Gesù e col becco cercò di staccare la spina più grande. Ci riuscì, ma il suo petto si macchò di sangue. Tornò al nido, raccontò ai figli quello che aveva visto e, mentre li abbracciava, macchiò di rosso anche il loro petto. Da quel giorno in poi, quegli uccellini si chiamano ” pettirosso “, in ricordo del gesto generoso di quella mamma.

Fonte

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Il pulcino cosmico
L’anno scorso a Pasqua, in casa del professor Tibolla, dall’uovo di cioccolata sapete cosa saltò fuori? Sorpresa: un pulcino cosmico, simile in tutto ai pulcini terrestri, ma con un berretto da capitano in testa e un’antenna della televisione sul berretto. Il professore, la signora Luisa e i bambini fecero tutti insieme: – Oh, e dopo questo oh non trovarono più parole. Il pulcino si guardava intorno con aria malcontenta. – Come siete indietro su questo pianeta, – osservò, – qui è appena Pasqua; da noi, su Marte Ottavo, è già mercoledì. – Di questo mese? – domandò il professor Tibolla. – Ci mancherebbe! Mercoledì del mese venturo. Ma con gli anni siamo avanti di venticinque. Il pulcino cosmico fece quattro passi in su e in giù per sgranchirsi le gambe, e borbottava: – Che seccatura! Che brutta seccatura!…

Cos’è che la preoccupa? – domandò la signora Luisa. – Avete rotto l’uovo volante e io non potrò tornare su Marte Ottavo. – Ma noi l’uovo l’abbiamo comprato in pasticceria. – Voi non sapete niente. Questo uovo, in realtà, è una nave spaziale, travestita da uovo di Pasqua, e io sono il suo comandante, travestito da pulcino. – E l’equipaggio? – Sono io anche l’equipaggio. Ma ora sarò degradato. Mi faranno per lo meno colonnello. – Be’, colonnello è più che capitano. – Da voi, perché avete i gradi alla rovescia. Da noi il grado più alto è cittadino semplice. Ma lasciamo perdere. La mia missione è fallita. – Potremmo dirle che ci dispiace, ma non sappiamo di che missione si trattava. – Ah, non lo so nemmeno io. Io dovevo soltanto aspettare in quella vetrina fin che il nostro agente segreto si fosse fatto vivo. – Interessante, – disse il professore, – avete anche degli agenti segreti sulla Terra. E se andassimo a raccontarlo alla polizia? – Ma sì, andate in giro a parlare di un pulcino cosmico, e vi farete ridere dietro. – Giusto anche questo. Allora, giacché siamo tra noi, ci dica qualcosa di più su quegli agenti segreti. – Essi sono incaricati di individuare i terrestri che sbarcheranno su Marte Ottavo tra venticinque anni. – E’ piuttosto buffo. Noi, per adesso, non sappiamo nemmeno dove si trovi Marte Ottavo. – Lei dimentica, caro professore, che. lassù siamo avanti col tempo di venticinque anni. Per esempio sappiamo già che il capitano dell’astronave terrestre che giungerà su Marte Ottavo si chiamerà Gino. – Toh, – disse il figlio maggiore del professor Tibolla, – proprio come me. – Pura coincidenza, – sentenziò il cosmopulcino. – Si chiamerà Gino e avrà trentatre anni. Dunque, in questo momento, sulla Terra, ha esattamente otto anni. – Guarda guarda, – disse Gino, – proprio la mia età. – Non mi interrompere continuamente, – esclamò con severità il comandante dell’uovo spaziale. – Come stavo spiegandovi, noi dobbiamo trovare questo Gino e gli altri membri dell’equipaggio futuro, per sorvegliarli, senza che se ne accorgano, e per educarli come si deve. – Cosa, cosa? – fece il professore. – Forse noi non li educhiamo bene i nostri bambini? – Mica tanto. Primo, non li abituate all’idea che dovranno viaggiare tra le stelle; secondo, non insegnate loro che sono cittadini dell’universo; terzo, non insegnate loro che la parola nemico, fuori della Terra, non esiste; quarto… – Scusi comandante, – lo interruppe la signora Luisa, – come si chiama di cognome quel vostro Gino? – Prego, vostro, non nostro. Si chiama Tibolla. Gino Tibolla. – Ma sono io! – saltò su il figlio del professore. Urrà, – Urrà che cosa? – esclamò la signora Luisa. – Non crederai che tuo padre e io ti permetteremo… – Ma il pulcino cosmico era già volato in braccio a Gino. – Urrà! Missione compiuta! Tra venticinque anni potrò tornare a casa anch’io. – E l’uovo? -domandò con un sospiro la sorellina di Gino. – Ma lo mangiamo subito, naturalmente. E così fu fatto.
G.Rodari
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La leggenda della pastiera
Creazione della Signora Olga – Bar L’Incontro (Milano)
Un’antica leggenda racconta che sulla spiaggia le mogli dei pescatori lasciarono nella notte delle ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori d’arancio come offerte per il “Mare”, affinché questo lasciasse tornare i loro mariti sani e salvi a terra e con una rete colma di pesci.
Al mattino ritornate in spiaggia per accogliere i loro consorti notarono che durante la notte i flutti avevano mischiato gli ingredienti ed insieme agli uomini di ritorno, nelle loro ceste c’era una torta: la Pastiera.
Un’altra leggenda narra invece che la pastiera accompagnasse le antiche feste pagane per il ritorno della primavera; difatti gli ingredienti conservano una forte valenza simbolica.
Ecco allora la ricotta, addolcita dallo zucchero: trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche delle prime cerimonie cristiane.
Il grano: augurio di ricchezza e fecondità.
Le uova: simbolo di vita nascente.
L’acqua di fiori d’arancio: presagio di primavera.
La versione odierna, probabilmente fu messa a punto in un antico monastero napoletano rimasto ignoto: anche questa, tuttavia, è una supposizione.
Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non può mancare.
Fonte

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La storia del Leprotto di Pasqua

C’erano una volta un papà leprotto ed una mamma leprotto, che avevano sette leprottini e non sapevano quale sarebbe diventato il vero leprotto di Pasqua. Allora mamma leprotto prese un cestino con sette uova e papà leprotto chiamò i leprottini. Poi disse al più grande: “Prendi un uovo dal cestino e portalo nel giardino della casa, dove ci sono molti bambini.”
Il leprotto più grande prese l’uovo d’oro, corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato e giunse al giardino della casa. Qui voleva saltare oltre il cancello, ma fece un balzo così grande e con tanta forza che l’uovo cadde e si ruppe.
Questo non era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al secondo. Egli prese l’uovo d’argento, corse via nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato; allora la gazza gridò “Dallo a me l’uovo, dallo a me l’uovo, ti regalerò una moneta d’argento!” E prima che il leprotto se ne accorgesse la gazza aveva già portato l’uovo d’argento nel suo nido.
Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al terzo. Questi prese l’uovo di cioccolato. Corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco e incontrò uno scoiattolo che scendeva, saltellando, da un alto abete. Lo scoiattolo spalancò gli occhi e chiese: “Ma è buono l’uovo?”
“Non lo so,” rispose il leprotto, “lo voglio portare ai bambini.”
“Lasciami assaggiare un po’!”
Lo scoiattolo cominciò a leccare e poiché gli piaceva tanto, non finiva mai e leccò e mangiucchiò pure il leprotto, fino a che dell’uovo non rimase più nulla; quando il terzo leprotto tornò a casa, mamma leprotto lo tirò per la barba ancora piena di cioccolato e disse: “Neanche tu sei il vero leprotto di Pasqua.”
Ora toccava al quarto.
Il leprottino prese l’uovo chiazzato. Con quest’uovo corse nel bosco e arrivò al ruscello. Saltò sul ramo d’albero posto di traverso, ma nel mezzo di fermò. Guardò giù e si vide nel ruscello come in uno specchio. E mentre così si guardava, l’uovo cadde nell’acqua con gran fragore.
Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al quinto. Il quinto prese l’uovo giallo. Corse nel bosco e, ancor prima di giungere al ruscello, incontrò la volpe, che disse: “Su, viene con me nella mia tana a mostrare ai miei piccoli questo bell’uovo!”
I piccoli volpacchiotti si misero a giocare con l’uovo, finché questo urtò contro un sasso e si ruppe.
Il leprotto corse svelto svelto a casa, con le orecchie basse.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al sesto. Il sesto leprotto prese l’uovo rosso. Con l’uovo rosso corse nel bosco. Incontrò per via un altro leprotto. Appoggiò il suo uovo sul sentiero e presero ad azzuffarsi.
Si diedero grandi zampate, e alla fine l’altro se la diede a gambe.
Ma quando il leprottino cercò il suo uovo, era già bell’e calpestato, ridotto in mille pezzi.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al settimo. Il leprotto più giovane ed anche il più piccolo. Egli prese l’uovo blu. Con l’uovo blu corse nel bosco.
Per via, incontrò un altro leprotto, ma lo lasciò passare e continuò la sua corsa. Venne la volpe. Il nostro leprotto fece un paio di salti in qua e in là e continuò a correre, finché giunse al ruscello.
Con lievi salti lo attraversò, passando sul tronco dell’albero.
Venne lo scoiattolo, ma egli continuò a correre e giunse al prato.
Quando la gazza strillò, egli disse soltanto: “Non mi posso fermare, non mi posso fermare!”
Finalmente giunse al giardino della casa. Il cancello era chiuso. Allora fece un salto, né troppo grande né troppo piccolo, e depose l’uovo nel nido che i bambini avevano preparato.
Questo era il vero leprotto di Pasqua!

Fonte
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La leggenda della Fata Pasqualina
Esistono le fate, eccome. Noi esseri umani non le possiamo vedere, ma una volta abitavano il mondo insieme a noi. Poi improvvisamente sono fuggite ed ora abitano nei paesi dei TRA.
Come, non sapete che paesi sono? Ma sono i paesi che stanno tra tutti i TRA. Un esempio: tra il sogno e la realtà abitano le fate della fantasia; tra il dormi-veglia abitano le fate del mattino, tra il bene ed il male abitano le fate della giustizia e via di seguito.

Le fate abitavano sulla terra insieme a noi, ed a capo di tutte vi era la fata più bella, più dolce, più giusta che l’universo intero avesse mai creato. Figlia della stella più luminosa era giunta sulla terra per portare amore e pace. Lei aveva creato i rossi tramonti e le splendenti albe, lei era padrona degli eterni ghiacciai, e del blu di tutti gli oceani.
Con lei l’amore era sovrano, il nostro pianeta conobbe l’epoca più bella di tutti i tempi.
Le fate vivevano insieme a noi aiutandoci ogni qual volta avevamo bisogno.
La terra era un paradiso.
Ma, come accade in tutte le leggende anche in questa esiste un ma, la strega dell’invidia viveva di rancore verso le fate. Lei voleva essere sovrana degli uomini, lei voleva distruggere l’amore, lei odiava gli uomini che amavano le fate. Così pensò che se fosse riuscita a distruggere le fate gli uomini avrebbero adorato solo lei. Quindi se avesse distrutto Fata Pasqualina lei avrebbe vinto.
Vagò nelle notti senza luna nascondendosi a tutti e raccolse dai sogni degli umani i loro incubi peggiori, creò un sogno talmente pauroso che pure lei rischiò di esserne distrutta. Con questo sogno racchiuso in un ampolla stregata iniziò la ricerca di fata Pasqualina, e quando l’avesse trovata, l’avrebbe obbligata a respirare il contenuto dell’ampolla: così Pasqualina sarebbe morta.

Ma le fate che tutto percepiscono vennero a conoscenza del piano della malvagia Invidia e avvertirono la loro regina. Pasqualina non riusciva a capire perché Invidia l’odiasse tanto e cercò di sfuggirle.
Non conosceva però la tenacia che animava quella malvagia strega ed un giorno si trovò quasi prigioniera, Invidia le era alle spalle, l’aveva ormai raggiunta e si apprestava ad aprire la tremenda ampolla per farle respirare il contenuto. La malvagia ormai era sicura, aveva vinto!
Ma, esistono sempre i ma nelle leggende, passò di lì una piccola gallinella che vedendo la disperazione di Fata Pasqualina le disse:-Presto entra dentro il mio uovo.- e subito Pasqualina si dissolse ed entrò dentro l’uovo della buona gallinella. Invidia cercò in tutti i modi di trovare un apertura in quello strano oggetto che non aveva mai visto. Cercò di romperlo, ma quell’uovo era magico, sarebbe riuscito a romperlo solo chi era animato da buone intenzioni verso le fate.
Poi, improvvisamente, l’uovo scomparve e nessuno sa dove sia. Le fate, prive della loro regina, decisero di ritirarsi nei paesi dei TRA, e noi uomini ora siamo soli sulla terra.
Fu da quel giorno che una volta all’anno tutti noi acquistiamo le uova, da allora si chiamano di Pasqua, e le rompiamo sperando che dentro vi sia Pasqualina, ma nessuno ancora l’ha trovata. Vi si trovano solo regali che le fate dei paesi dei TRA ci fanno trovare per ricordarci che loro ci amano ancora.
Aspettano solamente che da un uovo fatato si manifesti la loro REGINA.
La terra potrà così tornare ad essere il regno delle fate, e noi felici per l’eternità.

Fonte


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Lavoretto per la festa della mamma: sandalo colorato

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La festa della mamma si avvicina e già pensiamo a come rendere speciale questa ricorrenza.

Pensa e ripensa , abbiamo deciso di regalarle questo sandalo colorato e allegro.

Per realizzarlo occorre  poco materiale e pochissimi passaggi, basta infatti,riportare la sagoma sul cartoncino, ritagliare e assemblare il tutto.

Per renderlo più coccoloso abbiamo scelto un piccolo cuore  ,ma basta anche un fiorellino o altro . 

A voi la scelta..

sandalo per mamma1

schema sandalo per mamma

Ti regalo mamma…

Ciò che so fare con le mie mani

che duri sempre, non solo domani.

Ciò che nasce dal mio pensiero,

frutto d’amore e d’affetto vero.

E’ più prezioso del diamante,

perchè nulla al mondo è più importante,

per me che non son grande abbastanza,

di te mamma e della tua vicinanza.

(Rosalba – Aprile 2011) da “Crescerecreativamente

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Festa della mamma

Lavoretti per la primavera:lavori dei bambini

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Ecco alcune attività svolte dai nostri piccoli per accogliere la PRIMAVERA

 

ape disegni

Disegno ape

 

 

scheda ape

Clicca sull’ immagine dell’ ape per stamparla e colorarla

 

farfalla

Riciclo creativo

Farfalline realizzate con rotolo di carta colorato dai bimbi

 

farfalline

Per completare la nostra primavera  …..abbiamo riciclato bottiglie ,  materiale da imballaggio e……

opera in corsocoloriamofioritimbri con bottigliafiori in  corso

lavoro di gruppo

.. carta da giornale

Altri link:

Pregrafismo sulla primavera

Lavoretti

Poesie

Disegni


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Canti per la festa di fine anno scolastico

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Come un pittore

Modà

Ciao, semplicemente ciao

difficile trovar parole molto serie, tenterò di disegnare come un pittore

e farò in modo di arrivare fino al cuore con la forza del colore

guarda, senza parlare

 

Azzurro come te, come il cielo e il mare

giallo come luce del sole

rosso come le cose che mi fai provare.

 

Ciao, semplicemente ciao,

disegno l’erba, verde come la speranza, come frutta ancora acerba

e adesso un po’ di blu, come la notte

bianco come le sue stelle, con le sfumature gialle

l’aria puoi solo respirarla

 

Azzurro come te, come il cielo e il mare

giallo come luce del sole

rosso come le cose che mi fai provare.

 

Per le tempeste non ho il colore

con quel che resta disegno un fiore

ora che è estate, ora che è amore

 

Azzurro come te, come il cielo e il mare

giallo come luce del sole

rosso come le cose che mi fai provare.

Dal web


Ci parliamo da grandi

Ramazzotti

Prendi ora il più lungo respiro
punta gli occhi nei miei
ci parliamo da grandi davvero
se vuoi

C’è un dolore che è un viaggio da fare
che come viene andrà
ci soffio ma non può bastare
per ora resta qua…con me

C’è una cura che è fatta di bene
ma il bene cos’è?
e’ la fatica di un passo indietro
per fare spazio a te

Vale una vita quest’istante segreto
che piega tutti e due
che di un silenzio fa un saluto
e da una fa due vie

Tu vai
tu corri io sto
tu chiedi io do
siamo grandi o no?!

Perchè tutto l’amore che prendi
un giorno lo ridai
quel giorno si diventa grandi
o grandi non si è mai

Tu vai
tu corri io sto
tu hai chiesto io do
siamo grandi o no?!

Tu corri io sto
se la vita lo chiede
siamo grandi o no?!

C’è un cammino che è l’unica scelta
che domani farai
ci parliamo da grandi stavolta
sei pronta allora vai…se vuoi

Fonte


A modo tuo

Ligabue

Sarà difficile diventar grande
prima che lo diventi anche tu
tu che farai tutte quelle domande
io fingerò di saperne di più
sarà difficile
ma sarà come deve essere
metterò via i giochi
proverò a crescere

Sarà difficile chiederti scusa
per un mondo che è quel che è
io nel mio piccolo tento qualcosa
ma cambiarlo è difficile
sarà difficile
dire tanti auguri a te
a ogni compleanno
vai un po’ più via da me

A modo tuo
andrai
a modo tuo
camminerai e cadrai, ti alzerai
sempre a modo tuo
A modo tuo
vedrai
a modo tuo
dondolerai, salterai, cambierai
sempre a modo tuo

Sarà difficile vederti da dietro
sulla strada che imboccherai
tutti i semafori
tutti i divieti
e le code che eviterai
sarà difficile
mentre piano ti allontanerai
a cercar da sola
quella che sarai

A modo tuo
andrai
a modo tuo
camminerai e cadrai, ti alzerai
sempre a modo tuo
A modo tuo
vedrai
a modo tuo
dondolerai, salterai, cambierai
sempre a modo tuo

Sarà difficile
lasciarti al mondo
e tenere un pezzetto per me
e nel bel mezzo del
tuo girotondo
non poterti proteggere
sarà difficile
ma sarà fin troppo semplice
mentre tu ti giri
e continui a ridere

A modo tuo
andrai
a modo tuo
camminerai e cadrai, ti alzerai
sempre a modo tuo
A modo tuo
vedrai
a modo tuo
dondolerai, salterai, cambierai
sempre a modo tuo

Fonte


Buon viaggio

Cesare Cremonini

 

Che sia un’andata o un ritorno

Che sia una vita o solo un giorno

Che sia per sempre o un secondo

L’incanto sarà godersi un po’ la strada

Amore mio comunque vada

Fai le valigie e chiudi le luci di casa

Coraggio lasciare tutto indietro e andare

 

Partire per ricominciare

Che non c’è niente di più vero

Di un miraggio

E per quanta strada ancora c’è da fare

Amerai il finale

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Chi ha detto

 

Che tutto quello che cerchiamo

Non è sul palmo di una mano

E che le stelle puoi guardarle

Solo da lontano

Ti aspetto

 

Dove la mia città scompare

E l’orizzonte è verticale

Ma nelle foto hai gli occhi rossi

E vieni male

Coraggio lasciare tutto indietro e andare

 

Partire per ricominciare

Che se ci pensi siamo solo di passaggio

E per quanta strada ancora c’è da fare

Amerai il finale

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Fonte


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Poesia per la mamma di Eduardo De Filippo

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Mamma mia

Mamma mia, te tengo attuorno
d’ ‘a matina nfin’ a sera;
vierno pare Primmavera
mò ca staje sempre cu me.

Si fa viento tu me parle,
mmiez’ ‘o mare sento: “Figlio!”.
Si me serve nu cunziglio,
dint’ ‘o scuro viene tu.

Mamma mia, mamma mia bella…
Quanta vote penzo a quanno
se pò dì ca dint’ a n’anno
ce vedevemo sì e no!

Giuvinotto me sentevo
capuzziello, preputente…
Te sò figlio overamente
mò ca nun te tengo cchiù.

Eduardo De Filippo (1945)
Altre poesie qui


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Il treno dei mesi

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treno completo

Pdf Il treno dei mesi

 

treno4treno3treno2

Il treno dei mesi ,(colorato ,ritagliato e incollato su cartoncino celeste), ci accompagna alla scoperta delle stagioni e delle caratteristiche di ogni mese.

I bambini attraverso questo momento di routine possono osservare i cambiamenti ,le particolarità e le ricorrenze di ciascun  mese acquisendo  la consapevolezza del tempo che passa.

locomotiva trenocoda treno

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Leggende sui mesi dell’ anno

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LA LEGGENDA DEI MESI

C’erano una volta due fratelli, uno povero e l’altro ricco. Un giorno, quello povero venne invitato nella casa dei mesi, che vollero sapere che cosa si diceva di loro nel mondo.

Si dice bene! – rispose l’ospite. E di ogni mese disse ciò che ha di buono. Per esempio che gennaio nasconde il pane sotto la neve, che febbraio fa divertire, che marzo porta la primavera, che aprile fa godere dolci sonni, che maggio dona le rose…

I mesi, soddisfatti, gli regalarono una tovaglia che aveva la proprietà di far comparire qualsiasi cibo ogni volta che veniva distesa.


Quando il fratello ricco lo venne a sapere, andò subito alla casa dei mesi. E questi anche a lui chiesero:

Che cosa si dice di noi nel mondo?

Si dice male! – rispose l’ospite. E di ogni mese disse ciò che ha di cattivo. Per esempio che gennaio regala i geloni, che febbraio dà la febbre, che marzo è pazzo…

I mesi gli regalarono allora una scopa dicendo che, per avere qualche cosa bastava dirle : – Dà!

Ritornò a casa con la scopa in spalla.

Una scopa? – domandò la moglie. Per tutta risposta, il marito disse: – Dà! – e la scopa si mise a battere l’uno e l’altra, che se non si riparavano presto dentro un armadio, chissà quante botte avrebbero preso.
Quando furono ben sicuri che la scopa si era quietata, uscirono dall’armadio e, guardandosi le lividure, capirono la lezione.

I mesi dell’anno sono pur buoni disse il marito Moglie mia, siamo già ricchi, non cerchiamo altre ricchezze!

Da “Favole e fantasia


I dodici mesi

C’ era una volta una vedova che aveva due figlie: Helen, la figlia che aveva avuto dal marito morto e Marouckla, la figlia che egli aveva avuto dalla prima moglie.
Amava Helen, ma odiava la povera orfana perché era ben più graziosa della propria figlia.
Marouckla non capiva perché la matrigna la guardasse male, non comprendeva perché fosse sempre arrabbiata con lei. Le affidava i lavori più pesanti: pulire le stanze, cucinare, lavare, cucire, filare, tessere, portare il fieno, mungere la mucca… e tutto questo senza alcun aiuto.
Helen, intanto, non faceva niente, ma era sempre ben vestita e passava da un divertimento all’altro.

Ma Marouckla non si lamentò mai; sopportava i rimproveri e le cattiverie della matrigna e della sorella con il sorriso sulle sue labbra e con la pazienza di un agnello, ma questo comportamento angelico non le aveva ammorbidite. Anzi, diventarono ancora di più tiranne e scontrose verso Marouckla che diventava ogni giorno più bella, mentre Helen imbruttiva sempre più .
La matrigna allora, decise di sbarazzarsi di Marouckla; finché lei fosse rimasta in casa, nessuno avrebbe mai chiesto la mano dell’altra figlia. La fame e ogni genere di privazioni vennero utilizzate per rendere sempre più miserabile la vita della ragazza.

Un giorno, nel bel mezzo dell’inverno, Helen decise che voleva delle viole.
“Ascoltami”, ordinò a Marouckla, “devi andare sulla montagna e trovarmi delle viole. Voglio usarle per abbellire il mio vestito. Devono essere fresche e profumate, capito?”
“Ma, cara sorella, chi ha mai sentito parlare di viole che fioriscono nella neve?” ripose la povera orfana.
“Miserabile creatura! Osi disobbedirmi?” gridò Helen “non un’altra parola. Se non mi porterai un mazzolino di viole dalla foresta sulla montagna, ti ucciderò !”
La matrigna aggiunse anche le sue minacce a quelle di Helen, spinse fuori la figliastra e chiuse la porta alle sue spalle.

La ragazza si avviò piangendo per il sentiero che si inerpicava sulla montagna.
La neve era alta e non c’era alcuna traccia di esseri umani. Camminò a lungo senza meta, finché si perse nella foresta; era affamata, tremava per il freddo e desiderava morire!

Improvvisamente vide una luce in lontananza e si incamminò in quella direzione, finché raggiunse la cima della montagna.
Sul picco più alto bruciava un grande fuoco, circondato da dodici blocchi di pietra sui quali erano seduti dodici pastori; di questi i primi tre avevano i capelli bianchi, altri tre erano di mezza età , tre erano giovani e belli ed gli altri ancora più giovani.
Sedevano silenziosi, guardando il fuoco.

Erano i dodici mesi dell’anno.

Gennaio sedeva un po’ più in alto degli altri; i suoi capelli e la barba erano bianchi come neve e teneva in mano una bacchetta di legno. All’inizio Marouckla era impaurita, ma poi raccolse tutto il suo coraggio e chiese:
” Signori, posso scaldarmi al vostro fuoco? Il freddo dell’inverno mi congela!”
Gennaio sollevò lo sguardo e rispose: “Che cosa ti ha portato qui, figliola, che cosa cerchi?”
“Cerco delle viole” rispose la ragazza. “Non è stagione di viole. Non vedi che c’è neve dappertutto?” disse Gennaio.
“Lo so bene, ma mia sorella Helen e la mia matrigna mi hanno ordinato di portare loro le viole della vostra montagna. Se torno a casa senza, mi uccideranno. Vi prego, buoni pastori, ditemi dove posso trovarne!”
Il vecchio Gennaio si alzò , si avvicinò al più giovane dei Mesi e gli diede la sua bacchetta magica dicendo: “Fratello Marzo, è lavoro per te”.

Marzo obbedì e agitò la bacchetta sopra il fuoco. Immediatamente le fiamme si alzarono verso il cielo, la neve iniziò a sciogliersi e gli alberi e gli arbusti a germogliare. Spuntò l’erba verde, e tra i fili d’erba ecco sbirciare una pallida primula: era primavera, ed i prati erano blu e viola.
“Raccoglile velocemente, Marouckla,” disse Marzo.
Gioiosamente la fanciulla si affrettò a cogliere i fiori, e dopo averne raccolto un grande mazzo, ringraziò e corse a casa.

Helen e la matrigna alla vista dei fiori, al loro profumo che riempiva la casa, rimasero stupite. “Dove le hai trovate?” chiese Helen. “Sotto gli alberi, sul versante della montagna,” rispose Marouckla.
Helen prese i fiori per sé e sua madre, senza neanche ringraziare la sorellastra che glieli aveva portati.

L’indomani desiderò delle fragole.
“Corri,” intimò a Marouckla “e trovami delle fragole selvatiche. Devono essere dolci e mature.”
“Ma, cara sorella, chi ha mai sentito parlare di fragole che maturano nella neve?” esclamò la fanciulla.
“Tieni a freno la lingua, non rispondermi in questo modo. Se non avrò le mie fragole t’ucciderò ,” rispose Helen.
Poi la matrigna spinse fuori Marouckla e sprangò la porta.

L’infelice ragazza si incamminò di nuovo verso la montagna e verso il grande cerchio di fuoco dove erano seduti i Dodici Mesi.
Gennaio sedeva un po’ più in alto degli altri.
“Signori, posso scaldarmi al vostro fuoco? Il freddo dell’inverno mi congela!”
Gennaio sollevò lo sguardo e rispose: “Che cosa ti ha portato qui, figliola, che cosa cerchi?”
“Cerco delle fragole” rispose la ragazza.
“Siamo nel mezzo dell’inverno,” rispose Gennaio, “le fragole non crescono nella neve.”
“Lo so,” disse la ragazza tristemente, “ma mia sorella e la mia matrigna mi hanno ordinato di portar loro delle fragole. Se non lo faccio mi uccideranno. Vi prego, buoni pastori, ditemi dove posso trovarne!”
Il vecchio gennaio si alzò e si avvicinò al Mese di fronte a lui e gli diede la sua bacchetta magica dicendo: “Fratello Giugno, è lavoro per te”.

Giugno obbedì , e come fece ondeggiare la sua bacchetta sopra il fuoco, le fiamme salirono verso il cielo.
Immediatamente la neve si sciolse, la terra si coprì di verde, gli alberi si coprirono di foglie, gli uccelli cominciarono a cantare, e tutta la foresta fiorì .
Era l’estate. Sui cespugli, i bianchi fiori a forma di stella si erano tramutati in fragole mature che avevano coperto la radura, facendola assomigliare ad un mare di sangue.
“Raccoglile velocemente, Marouckla,” disse Giugno.
Gioiosamente la fanciulla ringraziò i Mesi e, riempito il suo grembiule, cose felice verso casa.

Helen e sua madre, al vedere le fragole che riempivano la casa con la loro fragranza deliziosa, si domandarono: “Ma dove le avrà trovate?” “Su fra le montagne”, rispose Marouckla, “quelle sotto gli alberi di faggio non sono cattive”.
Helen ne diede qualcuna alla madre e si mangiò il resto. Non ne offrì nemmeno una alla sorellastra.

Stanca delle fragole, il terzo giorno desiderò delle mele fresche, rosse.
“Corri, Marouckla, e portami delle mele fresche e rosse dalla montagna.”
“Mele in inverno, sorella? Gli alberi non hanno né foglie né frutti”
“Vai immediatamente, se non mi porterai le mele ti ucciderò “.
Come le altre volte, la matrigna l’afferrò e la cacciò fuori di casa.

La povera ragazza se ne andò piangendo su per la montagna, nella neve profonda, verso il cerchio di fuoco dove stavano i Dodici Mesi.
Erano lì , seduti immobili, e sulla più alta pietra era seduto il vecchio Gennaio.
” Signori, posso scaldarmi al vostro fuoco? Il freddo dell’inverno mi congela!” disse ella avvicinandosi.
Gennaio sollevò lo sguardo e rispose: “Che cosa ti ha portato qui, figliola, che cosa cerchi?”
“Cerco delle mele rosse” rispose Marouckla.
“Siamo in inverno, non è stagione per le mele rosse” osservò Gennaio.
“Lo so,” rispose la ragazza, “ma mia sorella e la mia matrigna mi hanno mandato a prendere delle mele rosse sulla montagna, se ritorno senza mi uccideranno. Vi prego, buoni pastori, ditemi dove posso trovarne!”
Il vecchio gennaio si alzò e si avvicinò ad uno dei mesi anziani e gli diede la sua bacchetta magica dicendo: “Fratello Settembre, è lavoro per te”.

Settembre salì sulla pietra più alta e agitò la bacchetta sopra il fuoco.
Tutto intorno brillò una luce di fiamme rosse, la neve scomparve, le sbiadite foglie che tremavano sugli alberi furono spazzate via da un freddo vento di nord-est che le radunò in gialli mucchi nella radura; sui rami rimasero solo pochi striminziti fiori autunnali.
Marouckla aguzzava invano lo sguardo per cercare le mele rosse.
Poi scorse un albero grandissimo, dai rami pendevano frutti lucidissimi, rossi. Settembre la esortò a raccoglierli in fretta e lei scosse l’albero.
Cadde una mela, poi un’altra.
“Basta,” disse Settembre, “torna a casa in fretta”. Marouckla ringraziò i Mesi e ritornò allegramente verso casa.

“Dove le hai trovate?” chiesero Helen e la matrigna alla vista dei frutti.
“Ce ne sono tante là , sulla vetta”
“Perché non ne hai portate di più ?” chiese irosamente la sorellastra. “Le hai mangiate sulla strada del ritorno, stupida ragazza!”
“No cara, non le ho neanche assaggiate.” disse Marouckla “Ho scosso l’albero due volte e ogni volta ne è caduta una mela. I pastori non hanno permesso che lo scuotessi ancora e mi hanno detto di tornarmene a casa”

“Presto, madre,” disse Helen. “Dammi il mio mantello. Andrò io stessa a prendere le mie mele. Sono capace di trovare la montagna e l’albero. I pastori possono piangere, ma non me ne andrò senza aver preso tutte le mele!”

Ignorando il consiglio contrario della madre, si avvolse nella sua pelliccia, tirò su il caldo cappuccio e si avviò verso la montagna.

La neve copriva ogni cosa e ben presto Helen si perse e cominciò a vagare senza sapere dove andava.
Dopo un po’ vide una luce lassù in alto e seguendo quella indicazione raggiunse la vetta.

C’erano il fuoco ardente, i dodici blocchi di pietra, ed i Dodici Mesi.
Dapprima si spaventò ed esitò , poi si avvicinò e si riscaldò la mani. Non chiese permesso, né rivolse loro una parola educata.
“Che cosa ti ha portato qui, che cosa cerchi?” le chiese Gennaio con fare severo.
“Non sono obbligata a dirvelo, vecchio barbone. Non sono affari vostri.” rispose sdegnosamente, allontanandosi dal fuoco e avviandosi verso la foresta.

Il vecchio Gennaio aggrottò la fronte e agitò la sua bacchetta sopra la testa.
Immediatamente il cielo si coprì di nuvoloni, il fuoco si spense, cominciarono a scendere grossi fiocchi di neve mentre un vento ghiacciato ululava tutto intorno alla montagna.
Nella furia della tempesta Helen inciampò e perse la pelliccia; era tutta intirizzita.

La madre l’aspettava alzata. Guardava dalla finestra, guardava dalla porta, ma la figlia non tornava. Lentamente le ore passavano, ma la figlia non tornava.
“Possibile che per delle mele si sia dimenticata della sua casa?” pensava. Infine, prese la sua pelliccia e il suo cappuccio e uscì alla ricerca della figlia.
La neve era caduta abbondantissima e aveva coperto ogni cosa. Errò a lungo di qua e di là; il vento ghiacciato di nord-est fischiava sulla montagna, ma nessuna voce rispondeva al suo richiamo.

Il giorno dopo Marouckla lavorò tutto il giorno, aspettando e pregando per la matrigna e la sorella, ma esse non tornarono. Erano state rapite dal gelo sulla montagna!

Marouckla ereditò la piccola casa, il campo e la mucca e un giorno sposò un onesto contadino e vissero felici e contenti.

L’ angolo di Carla


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Poesia, biglietto e disegno da colorare per la festa della mamma

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Mamma

Mamma che a noi sempre pensi

come una trottolina 

sempre in movimento

fermati un momento

ti offro tè e pasticcini

così insieme saremo un pochettino

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Biglietti per alunni e maestre per la fine dell’ anno scolastico

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Trovare le parole per ringraziare e salutare i bambini al termine di un anno o ciclo scolastico, può esser molto difficile.
I piccoli crescono con noi maestre, ci accompagnano per un tratto della nostra vita e diventano pezzi del nostro cuore .

E’ veramente difficile trovare le parole per lasciarli e salutarli, per fortuna ci sono le poesie che ci aiutano ad esprimere i nostri sentimenti ….

.

QUELLO CHE RESTA

E adesso non sono più la tua maestra,
ma rimarrai qui, dentro la testa,
dentro il mio cuore e in mezzo ai miei pensieri
anche quando io sarò per te già ieri.
Per me sei ieri, oggi e anche domani,
sei stato il bimbo dato alle mie mani
per diventare ragazzo e uomo vero,
per fare cose di cui puoi andare fiero.
Ma in fondo io so già quello che resta
sarò per te per sempre la maestra
e tu per me non uno dei tanti,
ma il più importante, come tutti quanti.

di Germana Bruno

quello che resta

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Biglietto con fiori

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biglietto con cuori

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Anche le maestre meritano un pensiero speciale  e allora ecco un biglietto di ringraziamento da stampare e regalare con affetto.

A te,

mia cara maestra,

un forte bacio voglio donare

insieme a un sorriso grande come il mare

e a un grazie per avermi

saputo amare.

Tante coccole e abbracci

mi hanno consolato,

quando alla mamma ho pensato

e baci in quantità son volati

ad ogni ora della giornata.

Alla scoperta delle cose

mi hai guidato

e insieme a me hai gioito

quando ho imparato

che è bello scoprire le cose del creato

Giocoliereitaly

A te maestra mia

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Festa della Repubblica Italiana

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Il 2 giugno  è una giornata di festa Nazionale,istituita per celebrare e ricordare la nascita della Repubblica Italiana.
In questo post troverete: alcune poesie ,disegni di bandiere da colorare, coccarde, la sua storia, gli elementi del suo cerimoniale ,il significato del tricolore e dell’emblema della nostra Repubblica che è costituito da tre elementi fondamentali, il ramo di ulivo ,il ramo di quercia ,la ruota dentata d’acciaio e la stella e altro materiale didattico.

Breve storia

Costituzione spiegata ai bambini

I Simboli della Repubblica

Tutto su l’Inno Nazionale

Ascolta l’ Inno

lavoretto bandieracoccarda colorata

bandiera a stella

  coccarda da colorare

scheda bandiera

 

pregrafismo festa della Repubblica

 

 

 

 

 

 

 

Inno nazionale

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò

 

Onora la tua patria

In qualunque paese andrai, o dimorerai,
e per qualunque tempo, non dimenticare
mai di essere italiano.

Sostieni l’onore della tua patria con la
rettitudine, con la dolcezza dei modi, con
la fermezza della buona volontà.

Amala questa patria, amala con amore forte,
perchè essa ha bisogno di chi l’ami veramente.
Luigi Settembrini

Saluta il tricolore

Se il tricolore sventola,
salutalo, bambino:
e pensa che la Patria
ricordan quei colori.
La Patria è un bene grande:
e la Patria tua è l’Italia.
Per farla unita e libera
san tanti i suoi Caduti.
Per farla giusta e nobile
può anche un piccolino
con la bontà e lo studio,
dare il suo grande dono.
Per questo il tricolore
tra tutte le bandiere
dei popoli del mondo
con palpito sicuro
sventolerà nel cielo.

 L. Veltri


La  Patria

Lo sai, fanciullo, che cos’è la Patria?
È la casa dove tua madre
t’ha cullato sulle sue ginocchia e tuo
padre ha lavorato per te.
È il prato dov’è spuntata l’erba
trapunta di margherite, per la gioia
delle tue corse.
È la scuola dove s’è aperta la
tua piccola mente alle prime nozioni,
e il tuo cuore ai primi affetti.
È la terra su cui sventola la
bandiera dai tre colori.
È il cimitero dove riposano i
morti che i tuoi genitori piangono
ancora.
È il campanile da cui giunge
la voce che invita a pregare.
Sono i campi che producono
per te. Sono le pianure, le colline,
le montagne che tu calchi, di cui
tu respiri l’aria salubre.
È il cielo a cui tu volgi gli
occhi nella gioia e nel dolore.

Francesca Castellino

Fonte

Italia

Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni

Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra

Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia

E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla di mio padre

Ungaretti


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Poesie per la fine dell’ anno scolastico

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°FILASTROCCHE,CANTI,POESIE PER L'INFANZIA °°° Giocoliereitaly

INSEGNERAI A VOLARE
Insegnerai a Volare, ma non voleranno il Tuo Volo.
Insegnerai a Sognare, ma non  sogneranno il Tuo Sogno.
Insegnerai a Vivere, ma non vivranno la Tua Vita.
Ma in ogni Volo, in ogni Sogno e in ogni Vita,
rimarrà per sempre l’impronta dell’ insegnamento ricevuto.

Madre Teresa di Calcutta

Addio!

Scoletta mia, di cuore ti saluto
saluto i cartelloni e la lavagna,
i banchi, le finestre,… e vo in campagna.
lo ti saluto e me ne vado via
allegramente, sai, scoletta mia!
Ma ti ringrazio, veh! Perché ho goduto
qui dentro molte belle e buone cose;
racconti lieti, lezioni amorose,
e il piacer d’imparare.
Ora vo via,
ma non ti scorderò, scoletta mia.

 Camilla Del Soldato
………………………………………….

Ti auguro tempo
 
Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai…

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Lavoretti per l’ estate

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°FILASTROCCHE,CANTI,POESIE PER L'INFANZIA °°° Giocoliereitaly

Con tanti pesciolini colorati

abbiamo salutato la scuola per goderci le vacanzeaspettando le vacanze
Barchette con carta riciclata, 

buone-vacanze-003buone-vacanze-004

pesci estategelati

tanti pesciolini nel mare blu e ghiaccioli per rinfrescarci!                                              

                                                   albero estivo                                   

ALBERO ESTIVO          


pesci con dischi

Pesciolini con dischetti

         di ovatta    

       pesce con carta                                                                          …

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ACCOGLIENZA:BANDIERINE CON PALLONCINO ANIMATO

I bambini imparano giocando

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Segnalo questo sito, ricco di storie  e giochi per i bambini che si avvicinano all’ utilizzo del computer. Tutte le attività si basano sul concetto di “Learning by playing” cioè imparare giocando.  I contenuti proposti infatti, sono stati ideati per stimolare la  curiosità ,la creatività , le abilità prescolari e le capacità di  risolvere  piccoli problemi in forma autonoma.

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Lavoretti,striscioni e altro per l’accoglienza a scuola

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Anche se le vacanze sono appena iniziate,  già pensiamo a come accogliere i bambini a settembre e a come fare per rendere allegro e speciale il loro primo giorno di scuola.
Quest’anno propongo questo simpatico aquilone che da un lato,ricorda le vacanze appena  trascorse e dall’altro augura ai bimbi di prepararsi a volare
Per poter  realizzare questo lavoretto basta pochissimo materiale:

  • Cartoncino
  • Stecche di gelato
  • Pennarello nero
  • Nastro bianco

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Per rimanere in tema , ecco un simpatico striscione colorato e da colorare, per addobbare l’ aula o l’ atrio della scuola.

B Benvenuti 2016 colorato

PDF STRISCIONE ” BENVENUTI “

b da

PDF STRISCIONE ” BENVENUTI DA COLORARE”

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Per chi vuole donare un poco di tenerezza invece , può realizzare questo simpatico orsetto con il naso a cuoricino.

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Forme geometriche da colorare

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Cartellone realizzato per presentare le forme geometriche.

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L’ allegra compagnia

Il Cerchio

tondo tondo

assomiglia a un mappamondo,

a tenergli compagnia

c’è il suo amico Quadratino.

Alla bella compagnia

si unisce il signor Triangolino

che assomiglia a un topolino

e che a tutti porta un regalino

con la forma di un Rettangolino.

Libricino sulle forme geometriche da colorare: IL PAESE FORMINO

Alcune schede

Libro di

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